venerdì 17 gennaio 2014

Divina Commedia 2.0

“Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai in una selva oscura
Che la diretta via era smarrita”
Puttanate.

Nel mezzo del cammin di nostra vita l’adulto medio ha un lavoro, una famiglia, delle certezze. Sa chi è. La selva oscura, se proprio vogliamo usare un’inutile metafora , si attraversa a diciassette anni, quando non sai cosa farai con la tua vita, litiga continuamente con chiunque e non una certezza manco a pagarla. E non sai neanche com’è fatta esattamente una fava, figuriamoci se sai chi sei tu.
Immagina poi di essere stato chiamato da tuo padre, un topo di biblioteca finito a fare il professore di italiano nel liceo in cui ti ha pure iscritto, Dante, come l’idiota che ha scritto una cosa pallosa come la Divina Commedia, e se l’è pure chiamata “divina” da solo.
Aggiungici poi una fidanzata morta da poco in un incidente e la conseguente depressione, è ovvio che poi avrai un…
- Cretino! – urla mia madre. La prof di matematica ha chiamato papà per chiedergli se gli avessi detto di aver preso 3 al compito. La risposta era ovvia: no. E comunque poteva pure chiederlo a me. – Come potevi pensare che non l’avremmo scoperto? – le mura di casa tremano. E io continuo a fissarla senza parlare.
- Dante – interviene mio padre, con un tono più calmo. – Dante devi cercare di riprenderti –
“Non ce la faccio” penso, ma senza dirlo. Dirlo lo renderebbe reale. E io non voglio piangere più.
- Dante – ripete di nuovo. Odio quel nome – Dante, guardami – io alzo leggermente lo sguardo. I miei occhi sono vuoti. Papà sospira. – Dante so cosa stai passando – comincia.
- Non è vero – sibilo – Tu non lo sai – il disprezzo nei miei occhi mentre lo guardo lo ferisce, lo so, ma lo faccio comunque.
Papà non parla. Non sa come rispondermi. Non lo sa mai.
- Dante – riprova mia madre, ma io la fermo prima che continui.
Solo la rabbia che ribolle dentro di me da mesi mi dà la forza di urlare – E piantala di chiamarmi con quel nome del cazzo! –
Papà sta per piangere. Odio quando è così patetico.
- Non provare a parlarmi così! – grida mia madre, ma anche la sua voce è incrinata.
- Perché, sennò cosa mi fai? – dico con tono di sfida. – La mia vita non potrebbe fare più schifo di così. – Silenzio. Una lacrima scende sulla guancia di papà. Non ce la faccio più. – Io me ne vado – prendo la giacca e il casco della moto, le chiavi sono sempre in tasca.
Parto a centoventi senza meta.

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