In camera l’arredamento era meno
dispersivo. Delle pesanti coperte in patchwork ricoprivano gli alti letti di
legno scuro che si trovavano al centro della stanza. Accanto al grande armadio
lì di fronte si trovava una libreria provvista di una ventina di libri sulla
Spagna e in spagnolo, tra cui un libro di poesie di Pablo Neruda in lingua
originale. Fui sorpresa di trovarlo lì, visto che era uno dei miei autori
preferiti.
Dopo aver sistemato le nostre
cose nella camera ci ritrovammo tutti al piano di sotto, curiosi di chiedere
informazioni circa le nostre stanza. Fu Marco a rispondere ai nostri quesiti:
prenotando le stanze gli era stato detto che ognuna aveva un tema diverso e lui
le aveva quindi scelte in base ai nostri interessi. Sapendo della mia passione
per Neruda e visto che Chiara studia Lingue, tra cui appunto lo spagnolo, - Non
ho potuto che ritenermi fortunate – ci confessò.
Quando arrivò l’ora di cena Anna
ci chiamò per chiederci cosa volessimo. C’era un atmosfera molto casalinga con
i due figli piccoli che preparavano i tavoli ridacchiando tra loro, Anna che
andava personalmente da ogni ospite a prendere le ordinazioni, il fuoco
scoppiettante e Carlo che leggeva il giornale dietro al bancone. Non sono molte
le cose che si possono ordinare alla locanda, ma vi posso assicurare che,
qualunque sia la vostra scelta, non ve ne pentirete.
Poco prima di cena arrivò un
ragazzo che doveva avere quasi la nostra età. Era alto, snello, con un filo di
barba e aveva occhi ghiaccio e capelli biondi. Entrando attirò lo sguardo di
tutti i presenti, compresi i miei amici, i quali non si poterono trattenere dal
commentare “Guarda da un’altra parte” o “Chi me lo presenta?”, a seconda del
sesso. Io e Michele, che eravamo spesso infastiditi da questo genere di
scenette, ci limitammo a rivolgerci un significativo sguardo d’intesa.
- Joey! – esclamò Anna appena le
campanelline sopra la porta suonarono per il suo arrivo.
- È uno degli ospiti? – chiese
Camilla. La domanda era sorta spontanea anche nella mia testa, data la
particolarità del nome.
- Magari è lui lo zio Jo –
rispose Chiara e tutti scoppiammo a ridere.
- Ma no! – rise Fabrizio che,
senza che nessuno se ne accorgesse, si era seduto vicino a noi. – È Joseph, mio
fratello – lo guardammo tutti confusi, ma prima che gli potessi chiedere come
mai avessero due nomi così differenti, Marco gli chiese con un falsissimo tono
arrabbiato – E tu da quanto ci stavi origliando? –
Fabrizio rise con la faccetta
colpevole e scappò via, seguito a ruota da Marco.
Mentre gli altri si godevano la
scenetta, io mi girai nuovamente verso Joseph. Era veramente bello, ma c’era
qualcosa nel suo sguardo che mi incuriosiva. Era come un velo di tristezza che
non riuscivo a spiegarmi. Poi lui si voltò verso di me e io mi rigirai facendo
finta di niente. Michele mi stava guardando con uno dei suoi sguardi di chi la
sa lunga.
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