giovedì 16 gennaio 2014

La Locanda da zio Jo - 2

In camera l’arredamento era meno dispersivo. Delle pesanti coperte in patchwork ricoprivano gli alti letti di legno scuro che si trovavano al centro della stanza. Accanto al grande armadio lì di fronte si trovava una libreria provvista di una ventina di libri sulla Spagna e in spagnolo, tra cui un libro di poesie di Pablo Neruda in lingua originale. Fui sorpresa di trovarlo lì, visto che era uno dei miei autori preferiti.
Dopo aver sistemato le nostre cose nella camera ci ritrovammo tutti al piano di sotto, curiosi di chiedere informazioni circa le nostre stanza. Fu Marco a rispondere ai nostri quesiti: prenotando le stanze gli era stato detto che ognuna aveva un tema diverso e lui le aveva quindi scelte in base ai nostri interessi. Sapendo della mia passione per Neruda e visto che Chiara studia Lingue, tra cui appunto lo spagnolo, - Non ho potuto che ritenermi fortunate – ci confessò.
Quando arrivò l’ora di cena Anna ci chiamò per chiederci cosa volessimo. C’era un atmosfera molto casalinga con i due figli piccoli che preparavano i tavoli ridacchiando tra loro, Anna che andava personalmente da ogni ospite a prendere le ordinazioni, il fuoco scoppiettante e Carlo che leggeva il giornale dietro al bancone. Non sono molte le cose che si possono ordinare alla locanda, ma vi posso assicurare che, qualunque sia la vostra scelta, non ve ne pentirete.
Poco prima di cena arrivò un ragazzo che doveva avere quasi la nostra età. Era alto, snello, con un filo di barba e aveva occhi ghiaccio e capelli biondi. Entrando attirò lo sguardo di tutti i presenti, compresi i miei amici, i quali non si poterono trattenere dal commentare “Guarda da un’altra parte” o “Chi me lo presenta?”, a seconda del sesso. Io e Michele, che eravamo spesso infastiditi da questo genere di scenette, ci limitammo a rivolgerci un significativo sguardo d’intesa.
- Joey! – esclamò Anna appena le campanelline sopra la porta suonarono per il suo arrivo.
- È uno degli ospiti? – chiese Camilla. La domanda era sorta spontanea anche nella mia testa, data la particolarità del nome.
- Magari è lui lo zio Jo – rispose Chiara e tutti scoppiammo a ridere.
- Ma no! – rise Fabrizio che, senza che nessuno se ne accorgesse, si era seduto vicino a noi. – È Joseph, mio fratello – lo guardammo tutti confusi, ma prima che gli potessi chiedere come mai avessero due nomi così differenti, Marco gli chiese con un falsissimo tono arrabbiato – E tu da quanto ci stavi origliando? –
Fabrizio rise con la faccetta colpevole e scappò via, seguito a ruota da Marco.
Mentre gli altri si godevano la scenetta, io mi girai nuovamente verso Joseph. Era veramente bello, ma c’era qualcosa nel suo sguardo che mi incuriosiva. Era come un velo di tristezza che non riuscivo a spiegarmi. Poi lui si voltò verso di me e io mi rigirai facendo finta di niente. Michele mi stava guardando con uno dei suoi sguardi di chi la sa lunga.


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